Una compiuta trasposizione dei modi e delle teorie impressionistiche si ebbe nella musica.
Sotto l'aspetto morfologico e culturale, il concetto d'impressionismo musicale può riferirsi ad un momento eterno della civiltà, al momento conclusivo e decadentistico (nel senso d’un estremo arricchimento della sensibilità e del gusto) d'ogni cultura al tramonto: appaiono in esso quelle che i tedeschi dicono le "spätforment" d'una civiltà, le forme tardive, piene di succhi capziosi e di significati riposti, ma povere di vigore e di potere fecondativo.
Sotto l'aspetto della storia dello spirito, invece, l'impressionismo musicale è quella caratteristica concezione estetica e morale dell’arte occidentale e, in primo luogo, francese, che si libera verso la metà dell'Ottocento dal dogmatismo, ricercando una libertà formale che la scuola accusa di genericità ed inconsistenza.
In questo ardente desiderio di "liberare" la forma individuale, il primo atto è quello di rinnegare, abbandonandole, le "forme" musicali tradizionali quali la sonata e la sinfonia e di escludere rigorosamente quei procedimenti compositivi che ad esse hanno dato netta configurazioni, quali l'impostazione tematica, gli sviluppi, le simmetrie architettoniche, ecc.
I maggiori esponenti di questo movimento nella musica furono: Claude Debussy (1862-1918), Maurice Ravel (1875-1937), Paul Dukas (1865-1935) e molti altri minori d'ogni paese.
In Italia non troviamo rappresentanti eminenti di quell'estetica all'infuori, forse, dell’eclettico Ottorino Respighi (1879-1936): ma quando i musicisti italiani si rendono conto del movimento impressionistico, già sono sopravvenute in Francia ed altrove nuove tendenze.
Fonte testo: http://www.riflessioni.it/enciclopedia/impressionismo.htm
sabato 22 maggio 2010
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